Charlie Bayleaf sbavava per il
cibo.
Letteralmente.
Letteralmente.
Grondanti umidità, le labbra fungevano
da apripista a tutto ciò che la sua malsana ingordigia culinaria
decideva di introdurre nel mastodontico ammasso di materia denominato
corpo umano.
Oltre due quintali di morbido senso di
colpa; e dire che di diete ne aveva provate una quantità
esorbitante, senza mai riuscire ad arrivare integro alla fine della
prima settimana.
Il suo problema? Solo una questione
d'amore.
Quel sentimento di gioia, smodatamente
positivo, che nessuno aveva voluto condividere con lui fin da bambino
- quando ancora passava dalle porte – e che Charlie, conquistò
sposando grassi saturi e carboidrati.
Da qualche anno trascorreva la vita in
quel che aveva ribattezzato “il trono dell'obesità”: un vetusto
divano due posti in alcantara che ormai conservava solo un ricordo
del grigio canna di fucile donatogli dalla fabbrica. Al suo posto, si
era insediata una patina marroncina, appiccicosa e granulare che
contornava il vecchio Charlie di un'aura mistica, incoronandolo il re
del soggiorno.
Quell'alone
era il simbolo di tutto.
Sanciva in modo indignitoso la simbiosi
creata tra i due, l'uno non poteva vivere senza l'altro. Non c'era
nulla di più vero: l'eccesso di sporco, di rifiuti, di vecchie
confezioni maleodoranti di cibo da fast food, di salviette detergenti
ancora macchiate di sudore, contribuirono alla nascita di
microrganismi che col tempo avevano collegato epidermide e stoffa.
Charlie trascorreva i tramonti lì, tra
il fetore e la noia di una vita che non voleva cessare di esistere,
benché riponesse abbondanti speranze nel colesterolo.
Morire, in realtà, non era un
obiettivo primario; come non lo era dimagrire per tornare ad
osservare il suo pene, da anni sepolto sotto anelli di adipe
molliccia.
L'avvenimento che alzava il significato della sua vita di un punto sopra lo squallido, erano le 15.30 del mercoledì pomeriggio, quando Emily, la cassiera del supermercato era solita recapitargli la spesa.
L'avvenimento che alzava il significato della sua vita di un punto sopra lo squallido, erano le 15.30 del mercoledì pomeriggio, quando Emily, la cassiera del supermercato era solita recapitargli la spesa.
Emily era una persona soffice; d'animo
buono e pacato, con qualche rotondità generosa che bene armonizzava
l'essenza del suo essere. Sorrideva con gli occhi, ancor prima di
mostrare l'intimo delle labbra e Charlie, completamente soggiogato
dal quel contatto settimanale con l'unico individuo che lo
considerava ancora una persona, e non un putrido rifiuto sociale,
finì per scoprire che in profondità, nascosto da qualche parte,
ancora tuonava un muscolo cardiaco non totalmente isolato dai
sentimenti.
Per lei e non per sé stesso, sia ben
chiaro, valutò clinicamente l'ipotesi di mettersi a dieta, di
tornare umano, di riappropriarsi di qualcosa che “il trono
dell'obesità” gli aveva strappato via, regalandogli una sicura,
dolce dipartita.
Prendendo coraggio e scostando il
sottile tubo che dal naso portava ossigeno a quello che ormai
rimaneva dei suoi esili polmoni, elargendogli un'autonomia di pochi
minuti, esordì:” Da domani, coff coff,
dieta! Non voglio mica finire dentro una bara extra large coff
coff, calato nel terreno da una
gru. Ho ancora un po' di dignità coff coff,
io”.
La carnose labbra di Emily crearono un piccolo speco nel quale un timido sorriso faceva capolino, fino a spalancarsi completamente con l'intento di proferire parola:” Bravo, finalmente inizi a prenderti sul serio, non c'è domani migliore di oggi per iniziare qualcosa”.
La donna tirò fuori dai mobili della cucina - linda, intonsa, con i fornelli ancora immacolati come se mai nessuno ci avesse vissuto prima d'ora - due enormi sacchi neri e penetrò nell'animo del problema gettando in essi tutto ciò che di insano si trovava in quel soggiorno. I sacchi si riempirono in fretta, diventando obesi a loro volta, ma alla fine dell'operazione la sola cosa rimasta extra, era Charlie ansimante un timido grazie.
La carnose labbra di Emily crearono un piccolo speco nel quale un timido sorriso faceva capolino, fino a spalancarsi completamente con l'intento di proferire parola:” Bravo, finalmente inizi a prenderti sul serio, non c'è domani migliore di oggi per iniziare qualcosa”.
La donna tirò fuori dai mobili della cucina - linda, intonsa, con i fornelli ancora immacolati come se mai nessuno ci avesse vissuto prima d'ora - due enormi sacchi neri e penetrò nell'animo del problema gettando in essi tutto ciò che di insano si trovava in quel soggiorno. I sacchi si riempirono in fretta, diventando obesi a loro volta, ma alla fine dell'operazione la sola cosa rimasta extra, era Charlie ansimante un timido grazie.
“Bene, per oggi è
tutto. Da domani iniziamo seriamente: solo cibo sano, fibre, proteine
e quanto di più bello madre natura ha da offrire. Niente cibi in
scatola né precotti per un po'. Mi occuperò io di farti una spesa
degna di essere chiamata tale. Tornerò domani con quel che serve”.
Galvanizzato
dall'inaspettato interesse nei suoi confronti; un trasporto sincero,
puro, che fluiva dalle movenze della cassiera, si arrese con serenità
all'idea che perdere qualche chilo era probabilmente il primo passo
per riacquistare l'autostima venduta, qualche anno prima, al mondo
culinario.
La notte dava
l'impressione di non voler affatto scorrere. I pensieri confusi
navigavano disorganizzati tra le lente sinapsi che l'encefalo ancora
gli permetteva: ”Devo rendermi presentabile per domani, non posso
accogliere Emily in questo stato, ma come mi sono ridotto? Sono il
ricordo di me stesso, un'enorme macchia scura che occupa tutto ciò
che di buono vi è intorno. Ok, ok... calma. Domattina l'assistenza
sanitaria è aperta, basta solo una chiamata e quelli arrivano e mi
rimettono a nuovo”.
Con le idee chiare
e un piano efficace per l'indomani, Charlie spalancò un pochino più
del normale la valvola dell'ossigeno, garantendosi un sonno leggero e
rilassato, nell'attesa del suo cambiamento.
Alle 8.35, puntuale
come sempre arrivò Magda, l'operatrice sanitaria di turno quella
mattina. Suonò a casa Bayleaf.
L'attimo necessario
a rendersi conto del puzzo nei pressi dell'abitazione era la nemesi
di tutte le operatrici, marchiate dello spiacevole compito di
assistere l'uomo più imponente dell'intera cittadina. L'odore acre
della muffa alle pareti, l'aria stantia che pareva immobile nelle
stanze; scevra del rispetto di ogni legge fisica e il sapore di
sporco, percepibile distintamente, erano un chiaro segno di come, a
partire da quella mattina, la giornata sarebbe stata una coriacea
sfida.
“Si parte sempre
dalle parti più pulite!” fece con tono imponente la ragazza,
attenta a sciogliere dalle dita di Charlie i rimasugli
dell'abbondante e calorica colazione.
Le mani per prime. Seguirono braccia, collo e torace, che da solo richiedette oltre un'ora di agonizzante fatica. Quando giunse il momento fatidico, in cui Magda si rese conto che non gli restavano altro che pochi tranci di carne fetida nella parte inferiore del corpo, una fitta pungente si fece strada dallo stomaco e scalando il tratto gastrico venne soffocata, solo per rispetto, a pochi centimetri dall'inevitabile.
Le mani per prime. Seguirono braccia, collo e torace, che da solo richiedette oltre un'ora di agonizzante fatica. Quando giunse il momento fatidico, in cui Magda si rese conto che non gli restavano altro che pochi tranci di carne fetida nella parte inferiore del corpo, una fitta pungente si fece strada dallo stomaco e scalando il tratto gastrico venne soffocata, solo per rispetto, a pochi centimetri dall'inevitabile.
L'uomo non
conosceva imbarazzo - rubatogli da adolescente all'ennesima presa in
giro – ma era in grado di percepire, molto distintamente, il
ribrezzo palesato nel volto dell'operatrice, che in quel frangente
non lasciava spazio all'interpretazione.
“Passami il pannolone pulito dietro di te, poi vattene”. L'intenzione, fredda come la stanza baciata dal condizionatore, celava al suo interno il calore della protezione che Charlie tentava di regalare a Magda come ricompensa per il suo operato. La gentilezza non affondò il disagio e la ragazza camminò fuori col broncio e il pensiero che mai avrebbe più rimesso piede nell'appartamento.
“Passami il pannolone pulito dietro di te, poi vattene”. L'intenzione, fredda come la stanza baciata dal condizionatore, celava al suo interno il calore della protezione che Charlie tentava di regalare a Magda come ricompensa per il suo operato. La gentilezza non affondò il disagio e la ragazza camminò fuori col broncio e il pensiero che mai avrebbe più rimesso piede nell'appartamento.
Il tempo scorreva
fiacco. Colpevole l'ansia di un appuntamento non schematicamente
prestabilito: potevano trascorrere pochi minuti, qualche ora, un
intero pomeriggio, oppure non arrivare mai. Mai, era ciò su cui il
grassone si interrogava. La paura di una giornata vuota, come tante
altre, ma allo stesso tempo molto diversa, lo faceva sudare
nervosismo e proprio quando l'apice dell'inquietudine stava per
mangiarlo vivo, lo scricchiolio della porta d'ingresso bloccò la
fertilità delle sue ghiandole.
Emily era ormai a
pochi passi dalla circonferenza che il divano, e il suo contenuto,
occupavano, con due enormi buste di carta color testa di moro, colme
salubrità: un arcobaleno di verdura e frutta di stagione, cereali,
prodotti integrali e biologici, facevano capolino affacciandosi in
una nuova idea di vita. Mancava una sola cosa, il Sacro Graal di ogni
dieta: il diario alimentare.
In un balzo di
sbadataggine la cassiera si era ricordata di averlo lasciato nella
sua abitazione e non poteva cedere all'idea di cominciare un regime
salutista senza il pezzo forte.
Nonostante
l'insistenza di Charlie, nel considerare un pezzo di carta solo un
pezzo di carta, Emily valutava per certa l'ipotesi di rimediare
immediatamente alla distrazione. In fondo, casa sua distava appena
mezz'ora di macchina e in un ora, o anche meno se il traffico si
rivelava generoso, sarebbe stata di ritorno con tutti i tasselli del
puzzle.
A nulla valsero i
tentativi dell'uomo di fermarla e invaso da un coacervo di emozioni,
accettò il perentorio ordine di lasciarla andare, accingendo, con
infantile curiosità, al contenuto delle borse.
Cinquantadue minuti
netti, erano un nuovo record per i piedi di Emily, finalmente di
ritorno issando all'aria il pezzo di carta che non è solo un pezzo
di carta.
“Charlie, sono
tor...”
L'aria interruppe il suo flusso.
Nero.
L'aria interruppe il suo flusso.
Nero.
Tensione.
Spasmi immobili.
Gelido ad agosto.
Sensazioni
taglienti come cristalli.
Il ritorno non
aveva più senso.
Charlie era
cambiato: la cianosi che dalle dita si arrampicava fin
sull'avambraccio, si sposava perfettamente con le ecchimosi presenti
sul collo che, a loro volta, sfumavano in un ceruleo pallido su tutto
il volto. Gli occhi erano spenti.
A marcare il
contrasto con la svolta azzurra del signor Bayleaf, era solo una
piccola sfera di un verde tenue, incastrata all'ingresso
dell'esofago, che custodiva gelosamente gli organi interni. Un acino
d'uva sigillò per sempre l'aria all'interno.
Ciò che stupii
Emily oltre ogni modo, non era la morte né il concetto di essa, ma
l'espressione del volto dell'uomo. Quasi rasserenato, da una morte
ipocalorica.
E se fosse già tutto scritto?
RispondiEliminaNon si può deviare dal proprio destino.
Scrivi qualcosa. Manca leggerti.
RispondiElimina